Riferimento al Catalogo della Stampa dell'Archivio Nicola Ciletti presso la Biblioteca Provinciale di Benevento: |
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Carlo Nazzaro, Un pittore: Nicola Ciletti in "Il Mezzogiorno" 20 novembre 1920 [...] In questa "boheme" superstite che potrebbe però costituire un baluardo contro il boscevismo industrializzante che asfissia tutto il mondo un posto non indifferente è tenuto da Nicola Ciletti. Quando lo conobbi dieci anni fa non lo conosceva nessuno era tornato da poco da New York.[...] [...] Abitava allora il Ciletti in uno sgabuzzino verso Montesanto, la cui angusta forma triangolare fu definita da quel bizzarro spirito che è Luca Postiglione: "L'occhio dell'Eterno Padre": Qui il Ciletti convocava nelle prime ore del mattino una specie di Corte dei miracoli: vecchie, pezzenti, ragazzi laceri e mocciosi, donne scarne e lattanti, direbbe d'Annunzio: "come cagne affamate dopo il parto"; una specie di Casalbordino partenopeo; e queste miserie egli ammucchiava in un groviglio di cenci per riportarle sulla tela con i rabbiosi contrasti d'una luce artificiale ch'egli otteneva a mezzo di fumose "garcelles". E' questo il periodo delle sue concezioni lugubri e materiate di pessimismo oserei dire anarchico. Io che abitavo in un triangolo sovrastante al suo, dovevo attraversare, per uscire di casa il corridoio ove egli lavorava [...] Questo singolare periodo di lavoro giovò non poco alla formazione dell'artista nello sforzo di trovare un'idea o un pensiero per le sue tele, discostandosi dall'eterna "Mezza figura" dei pittori napoletani, anche ben fatta, il così detto: bel pezzo di pittura, ma stupida o insignificante. La guerra acutizzò la sua d'emofilia: la tendenza a veder il martirio più che la gloria e sulle tele come fantasmi paurosi, passarono vedove e mutilati, [...] orfani e focolari devastati [...] [...] è veramente impressionante. Il pennello pare che scavi nelle carni solchi sanguinanti, i campi arati sembrano irrorati di lacrime, i vuoti ambienti trasudano il macabro di Edgardo Poe. Anche le figure muliebri ch'egli predilige: pallidi fiori del marciapiedi intristiti dalla miseria o dalla malattia sebbene presentate sotto luci più tenui e morbide, infondono anche esse un senso di tristezza o di compianto. Il pittore non sa sentire che la poesia dei caduti dei derelitti dei paria. Questo il Ciletti fino a pochi mesi fa e la produzione s'intonava al suo aspetto fisico: giallo e allampanato e dall'andatura ondeggiante e dinoccolata dal passo di cicogna: il modo di camminare di Carlyle. Pochi mesi fa se n'è andato in campagna, al suo paese, e n'è tornato ringiovanito e rinvigorito. La mostra che oggi inaugura alla Permanente del Circolo Artistico dicono, risente di questo ritorno alla terra. Il Ciletti avrebbe aperta una finestra nel suo studio ove sarebbe entrato perfino il sole. Immagino il risalto che prenderebbero i cenci da lui dipinti per dieci anni, sotto la luce solare e accanto alla nuova produzione vista con occhio meno torvo! [...] |
Dello stesso autore cfr. anche schede: ap15