Riferimento al Catalogo della Stampa dell'Archivio Nicola Ciletti presso la Biblioteca Provinciale di Benevento: |
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Saverio Procida, Mostra Ciletti alla "Permanente" in: "Il Mezzogiorno", 11-12 maggio 1924 Fra i giovani pittori napoletani, Nicola Ciletti - che nella "Permanente" in Villa ha da una settimana inaugurata una sua Mostra personale - si distingue per un dono molto raro in epoca di virtuosismo tecnici considerati dai suoi lambiccatori come fine e non mezzo dell'arte. Egli, dunque, si distingue per la drammaticità ed emotività dei soggetti per l'intimo pensiero che fascia di tristezza o di spasimo o di gioia o di sensualismo o di beatitudine animale o di torvo fermento, talvolta imprecisabile ma sempre forte di espressione, i suoi personaggi. Il Ciletti è un sensibile, un anima frugata dai lieviti che percepisce nella vita sociale degli umili e frugante, quindi in ogni loro più ascoso atteggiamento. La plastica di questo pittore inquieto, nervoso, sedotto dal colore in quanto esso può essere rispecchio del suo moto interiore nel farsi fotografo di stati psichici, si prefigge di segnare con un rilievo pletorico le figure che fornisce di così intenso contenuto emotivo. Il Ciletti non leviga non ammorbidisce, e non gioca di sfumo o d'eleganza. E' quasi massiccio, spesso aspro, porta la sua anima paesana e selvatica fino nel paesaggio, perché il suo paesaggio non è un gioco freddo d'aspetti naturali ma una forma impersonale dell'emozione, un sentimento esteso in un campo inanimato. Non è pittore per le signore non coltiva il "boudoir" non fa spreco di quid-cream, non incomoda sarte e modiste. La sua pittura non aspira alla simpatia, alla protezione del grazioso e del minuscolo, ma corre per le campagne, si compiace nelle stanze squallide, ama l'oggetto invisibile, cui la fantasia eccitata dà corpo spettrale, anzi che la minutaglia del salotto o della bottega. Se la parola non sembrasse troppo grossa, direi ch'è un tragico incapace di sorridere. E se un sorriso appare sulle sue tele, cercate pure la piega del dolore, l'arco della melanconia, la mansuetudine della rassegnazione. La Vita per questo artista avido di umana pietà e di giovanile indulgenza, sente di tosco. S'indugia nel sottostrato, adora la luce notturna, l'accalda col fuoco, la concepisce come combustione oppure algidità triste. Difatti, i suoi paesaggi lunari diffondono un malessere, ch'è nel velo dei vapori sovrastante la chiarità pastosa del raggio verdastro. Quando il Ciletti vuol riposare la sua retina intrisa di così amara contemplazione, si tuffa nel verde, s'abbarbaglia di sole, come il suo stupendo ragazzo che in un quadretto delizioso spalanca le braccia ad Elios (uso la parola greca perché qui è proprio personificato il dialettale ("O sole mio!") e beve levando il capo come un divino rimedio, l'onda piovente sulla campagna. E' nel plein air purifica la sua anima cogitabonda. La serie dei suoi quadri all'aperto fissa queste pause. Un paesaggio impressionista, che stacca i "viola" avvolgenti le nuvole dall'intenso calore solare in " Pioppi al tramonto " segna una fugace gioia dell'artista. Presto la cancella con l'esotismo d'una fluviale landa americana, a lucentezza d'acciaio, appena rotta dal gruppo di pecore che frugano nella radura triste. Altrettanta tristezza è in " Lupo ": un contadino rapace nel passo come nel volto che arranca il un freddo lucore di luna. Altra atmosfera triste è in " Per le bestie ": vasto quadro dove tre contadine robuste e tozze recano sulla testa enormi sacche per le loro consimili: le bestie presenti rappresentano le assenti. [...] Anche i vecchi sono un riposo per lo spirito inquieto del Ciletti. Ne ha di ogni genere, nei suoi quadri campestri. Magnifici di espressione. Ecco quello che accende il fuoco. Pittoricamente, è il pezzo più robusto della mostra. S'incurva al tepore della vampa e un bambino l'aiuta nella bisogna, lasciando tralucere, per il vano dell'ascella, un riverbero più vivo. La plastica è perfetta la realtà è colta al vivo. Altro gruppo baldo [...] è formato da due contadini, superbi, sicuri, che battono la terra, in un grigio chiarore di luna, da "padroni" " I padroni " [...] " Lega di miglioramento ",[...]. " L'estraneo ",. Ma eccoci al Ciletti tragico, che ci trasporta nelle sue visioni d'angoscia: " L'infanticida ", [...] arditissimo lo scorcio delle cosce [...] è questo un quadro di potente disegno. Mi stupisce che sia ancora invenduto. [...] Quale impressione di angoscia inerte è nell'uomo di " Nel gorgo " [...] " La casa del proscritto ", [...] scena di una rassegnazione atona [...] " L'anticamera ": [...], distacco dalla vita. atroce ironia: E potrei continuare l'elenco del tragico, e riferire di un'altra antitesi, in " Brividi ": due donne di tortura in sensualità di pose e d' atteggiamenti; sui cui scialli si precipita, piena e pastosa, vigorosa di impeto, una luce incandescente d'un gran partito pittorico. Ma non vorrei si credesse che il Ciletti non veda il tenue ch'è delicato o il realismo ch'è sereno. Ecco " Intimità ", " Il maestro e lo scolaro ", " Lezione a memoria ". Ed ecco, ancora in " Desiderio " una morbida reverie di donna che sorride....con procacità d'abbandono e trasparenze di carne sul luminoso gioco delle vesti. Guardiamo, anche una colorazione ricca, suggestiva nel " Venerdì santo ". Il Ciletti quando si sottrae all'ossessione del tragico, sa fare dell'assoluta pittura. Nella " Sacrestia dell'Annunziata ", nel monaco di " Lassai 'o core mio " dove la tristezza del viso, l'affanno, è dato dai tocchi incisivi, dal disegno ricco. In " Rammendo sacro ": una tela scintillante dove l'immagine della Vergine, col suo ligneo fasto, è contrastato dalla vecchia, che acuisce l'occhio e s'infervora nel riparo del manto. Ma questi pezzi di bravura non sono che soste nell'arte di Nicola Ciletti. Egli vuole il dramma nei soggetti che riveste di solida colorazione [...] Artista di vero interesse per un critico che ama la sostanza nelle plasmazioni e il sentimento profondo nell'espressione e nell'ambiente [...]. |
Dello stesso autore cfr. anche schede: ar5