Riferimento al Catalogo della Stampa dell'Archivio Nicola Ciletti presso la Biblioteca Provinciale di Benevento: |
cp4 |
La morte di
Ciletti. Grave lutto per l'Arte in: "Roma", anno 106, n°.97, 9 aprile 1967 Nel silenzio costernato della sua San Giorgio la Molara, Nicola Ciletti chiudeva gli occhi alla luce della sua Arte, allentava la stretta delle sue belle mani all'ultimo pennello ed a tutti gli affetti terreni, [...] e quel talento prodigioso che aveva mirabilmente messo a frutto. Vi era nato nel 1883 e là giovanissimo aveva inteso l'irresistibile richiamo dell'arte. [...] dalla nostra terra sannita gli derivò quella forte sensibilità, tradotta in lieviti sociali dalla sua anima inquieta, sedotta dal colore ed attanagliata dal latente problema sociale che plasma le sue figure di così intenso contenuto emotivo. Giovanissimo, nel 1905 partecipa alla " Promotrice " di Napoli. Tre anni dopo alla Quadriennale d'Arte di Torino, con la " La raccolta delle mele ", pone il seme di quel suo tema sociale improntato alla vita umile e semplice della gente dei suoi campi. Tema scevro di atteggiamenti pietistici nell'assorta visione del dramma del travaglio quotidiano attraverso l'intima concezione di un'etica sostanziale affiorante imperiosa dalla complessa spiritualità dei suoi personaggi. Il "Pungolo" nella critica della esposizione quadriennale trattando degli artisti napoletani, iniziava: " Primo tra tutti Nicola Ciletti...". [...] Ebbe per maestri Stanislao Lista e Michele Cammarano, ma non indugiò mai in alcun convenzionalismo scolastico, "seguendo quel suo concetto filosofico della vita alieno da correnti artistiche, improntando della sua personalità la ricchezza del colore a cui non consentì lenocinio di sorta nella traduzione del suo pensiero" Così la critica di Dell'Erba e Calogero ed altri! I più grandi artisti, Mancini, Gemito, D'Orsi, Irolli gli furono vicini con stima ed ammirazione. Nel suo studio, si raccoglieva la aristocrazia dell'Arte già prima della svolta del 1922: da Croce, a Di Giacomo, che lo ebbe come un fratello, da Libero Bovio, a Roberto Bracco, alla Serao, Sem Benilli, Edoardo Nicolardi, Murolo Galdieri, Ferdinando Russo, agli Scarfoglio. [...] [...] Le sue opere sempre quotatissime portarono in gallerie, in musei, in ambienti culturali ed artistici l'operoso silenzio di quelle balze del Sannio ove ancora il peso della zappa, una folata di vento o il duro pane, scava nel colore il solco di un mesto sacrificio che l'artista avverte, assume e solleva all'umana dignità. La sua opera ha trovato posto in varie bibliografie tra cui " Pittori italiani dell'Ottocento", Milano 1935; "Dizionario d'oggi", 1940; "Enciclopedia Moderna Italiana", edizione Sonsogno; Comanducci, "Dizionario illustrato della pittura italiana", 1945 e finalmente in terra sannita, Mario Rotili "L'arte del Sannio", 1952. Pago della visione interiore della sua arte alieno dal postulare riconoscimenti, schivo di onori talvolta scontroso sui concetti moderni di cultura ed arte si era ritirato nella rustica villa di campagna in San Giorgio La Molara e là sul colle del Serrone ancora fissava sulla tela il colore assolato della sua terra e quello andare assorto della sua gente eternandola nel tempo che ora si è fermato. |