Nota Biografica


Nicola Ciletti

(S. Giorgio La Molara, 1883 –1967)

Niccolò Umberto Ciletti nasce a S. Giorgio La Molara (BN) il 9 marzo 1883 da Agnello Ciletti e Giulia Barra, ultimo di nove figli di una famiglia di commercianti in tessuti e metalli preziosi.

Dopo lusinghiere dimostrazioni di interesse e passione per il disegno, nel 1900 si iscrive all'Istituto di Belle Arti di Napoli dove è allievo di Michele Cammarano e Stanislao Lista.

L'artista esordisce con la partecipazione nel 1903 all'esposizione del Circolo Artistico Partenopeo e, nel 1908, alla II Esposizione Quadriennale di Torino. L'invito alla Esposizione Internazionale di Roma del 1911 attesta che il giovane pittore era stato notato non solo dal grande pubblico, ma anche dai maestri contemporanei.

In questo stesso anno il Ciletti parte per New York, dove ha modo di conoscere la nascente arte moderna Americana. Tornato a Napoli nei primi giorni del 1915, si inserisce felicemente nel contesto della prestigiosa cultura napoletana: numerosissime si succedono le esposizioni personali e collettive; fa parte della cerchia di Salvatore Di Giacomo, godendo dell'amicizia e della stima del poeta - a cui lo accomuna anche la passione per la fotografia - come attestano sia la documentazione epistolare, sia la scelta del giovane pittore per illustrare alcune opere del Di Giacomo; frequenta assiduamente artisti, caffè e ritrovi alla moda ed il suo nome si ritrova spesso nelle cronache dei giornali contemporanei.

Nel 1916 il Ciletti compare tra i pittori e gli scultori napoletani a cui Boccioni indirizza il Manifesto dei Pittori Meridionali. Nel 1917 una tela, fra quelle del Ciletti alla XXXVIII Promotrice Salvator Rosa, e' acquistata dal Re Vittorio Emanuele III prima ancora che l'esposizione sia aperta, e nello stesso anno il pittore si trasferisce in quello che era stato lo studio di Domenico Morelli.

Nel 1919, in occasione della mostra alla Floridiana, un'altra opera viene acquistata da Re Vittorio Emanuele III ed attualmente arricchisce la collezione della Quadreria del Quirinale.

Nelle vicissitudini del primo dopoguerra il nome di Ciletti si trova associato a quello di numerosi artisti (Balestrieri, Curcio, Fabbricatore, Guardascione, La Bella, Panzini, Viti) che hanno deciso di organizzarsi autonomamente in un'associazione per poter avere sede stabile e possibilità espositive.

Alla sua arte si interessano molti critici, tra cui M. Biancale, S. Di Giacomo, R. Foster, M. Luxoro, C. Nazzaro, A. Ott. Quintavalle, E. Scarfoglio, E. Zorzi, ecc.

Nel 1922 l'artista partecipa su invito di Sem Benelli alla grande Esposizione Nazionale de La Fiorentina Primaverile, tenuta a Firenze al Palazzo delle Esposizioni in Parco San Gallo.

Nel 1924 Nicola Ciletti sposa Fryda Laureti, scrittrice, poetessa e pittrice, e nel 1926 partecipa alla Biennale di Venezia - XV Esposizione Internazionale d'Arte, riportando un notevole successo.

Negli stessi anni illustra le poesie di Edoardo Nicolardi, edite del 1928.

Dal 1929 il Ciletti si trova in un'estrema difficoltà per il violento emergere del Circumvisionismo marinettiano e dell'U.D.A. L'artista riesce ancora ad esporre le sue tele, ma pochi giorni dopo l'inaugurazione di una sua personale (marzo 1932) nelle sale della Permanente del Circolo Artistico nella Villa Comunale di Napoli, le reiterate minacce di un gruppo di facinorosi lo inducono ad abbandonare la città partenopea.

Ritiratosi a Benevento nel 1932, tiene fino al 1943 corsi liberi triennali di Disegno e Pittura che gli sono affidati dal Consiglio Provinciale dell'Economia Corporativa. Negli stessi anni è presente con due grandi personali alla XV Fiera di Milano nel 1934 e a Legnano nel 1935. Nel 1942 e nel 1946 espone a Benevento.

Ciletti diviene sindaco del suo paese natale prima nel 1943 e poi dal 1946 al 1951.

L'artista espone ancora a Benevento nel 1954 e poi a Roma, al Palazzo delle Esposizioni nel 1958, a Napoli alla galleria La Zagara nel 1960 e infine di nuovo a Roma, alla galleria San Marco nel 1965.

Temperamento artistico indipendente e ribelle alle correnti di moda, il Ciletti fu osservatore acuto, interprete di una realtà espressa con una pennellata corposa, sintetica, di straordinaria luminosità. La tempra morale, costante compagna della sua vita di artista e di uomo, lo indirizzò verso un realismo trasfigurante che bene si coniuga con l'attenzione al mondo contadino, interpretato spesso in chiave di incomunicabilità, piuttosto che di verismo.